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RETE SOCIALE
13/10/2015  Lascia un commento
Interrogazione su Italcementi - Consigliere Regionale Giovanni Perrino
Ing. Giovanni Perrino - Consigliere Regionale
Interrogazione a risposta immediata (art. 103 del Reg. del Cons. Reg.). Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) richiesta dal Gruppo Italcementi S.p.A. per incrementare da 12 mila a 60 mila le tonnellate di rifiuti all’anno da bruciare come combustibile nella Cementeria ricadente nel Comune di Matera, località Trasanello snc.

Il sottoscritto consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Giovanni Perrino, ai sensi della disposizione regolamentare riferita in oggetto:

PREMESSO che:

- in data 17 maggio 2013, la società Italcemementi S.p.A. (con sede legale in Via Camozzi, 124, a Bergamo) ha presentato all’Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata la richiesta di autorizzazione VIA/AIA ai sensi della L R. 47/1998 (s.m.i.) e ai sensi del D.Lgs. 152/2006 (s.m.i.) del progetto finalizzato al “recupero rifiuti come combustibile della Cementeria” (…) “ricadente nel Comune di Matera, località Trasanello snc" (nel territorio comunale del Comune di Matera, a meno di 3,5 km in linea d’aria dall’abitato); il progetto prevede la quintuplicazione della quantità di rifiuti da incenerire (dagli attuali 12 mila fino a 60.000 tonnellate/anno) “dei codici CER già autorizzati in AIA con aggiunta del codice CER 19.12.10 descrittivo del rifiuto non pericoloso denominato CDR"; il progetto prevede l’incremento fino a 60 mila tonnellate/anno dell’utilizzo di Combustibili Solidi Secondari (CSS), esclusi dal regime dei rifiuti ai sensi del c.d. “Decreto Clini” (D.M. n. 22 del 14/02/2013); a detta quantità massima vanno aggiunti gli altri “combustibili” ancora in uso all’Italcementi quali pet-coke, pneumatici, materiali plastici ed altro;

- con D.G.R. n. 1264 dell’8 ottobre 2013, la Giunta Regionale ha dato atto che ricorrerebbero i presupposti di legge regionale ai fini dell’innanzi prospettata quintuplicazione dei quantitativi (dalle attuali 12 mila alle 60 mila tonnellate/anno) di rifiuti da incenerire presso la cementeria di Matera ubicata in località Trasanello nel comune di Matera;, prevedendo l’aggiornamento dei codici CER per le predette attività di “recupero energetico”;
- lo scorso 8 ottobre 2015 è stato convocato dalla Regione Basilicata, all’Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente, in conferenza di servizi per esprimersi sul progetto innanzi citato; alla conferenza di servizi erano presenti i tecnici dell’Italcementi, il Comune di Matera, il Comune di Santeramo, la Provincia di Matera, l’ARPAB e i funzionari del competente Ufficio della Regione Basilicata;

- le comunità interessate si sono già compattamente espresse in senso risolutamente ostativo alla realizzazione dell’innanzi citato progetto che prevede la quintuplicazione (da 12 mila a 60 mila tonnellate/anno) della quantità di rifiuti da incenerire in località Trasanello; tanto emerge chiaramente:

dalle Osservazioni presentate al competente ufficio regionale, entro i termini di legge, da numerose associazioni ambientaliste e di cittadini nonché, altresì, dai pareri contrari espressi dalle Amministrazioni comunali interessate (Comune di Matera, precedente amministrazione, e altri comuni pugliesi interessati quali il Comune di Santeramo) e dal Parco archeologico storico-naturale delle Chiese rupestri del Materano; si evidenzia che il Cementificio Italcementi sorge a pochi metri dal confine del perimetro territoriale del Parco archeologico e da una serie di villaggi trincerati preistorici, scoperti e studiati da Domenico Ridola, che esperti della materia definiscono il più antico sito abitato del mondo, dopo Aleppo e Gerico;

dalla petizione popolare firmata da oltre 2.100 cittadini materani, e consegnata nel febbraio 2014 al Comune di Matera, petizione prevista dall’art. 35, comma 1, della precedente versione dello Statuto Comunale di Matera e come regolamentata dagli articoli 1 e ss. del “Regolamento delle modalità procedurali per petizioni e proposte di delibere” approvato con delibera di C.C. n. 15 del 16/05/2013;
CONSIDERATO che:

- l’estrema vicinanza spaziale dell’abitato di Matera rispetto all’impianto in oggetto (in linea d’aria limitrofo ai Sassi di Matera, dichiarati nel 1993 dall’Unesco, Patrimonio Mondiale dell’Umanità) impone estrema prudenza nella preventiva e accurata valutazione dell’impatto ambientale e sanitario che tale progetto può sortire sulla comunità materana; superfluo rammentare che Matera è stata nominata nell’ottobre del 2014 “Capitale europea della Cultura 2019” e che la tutela del patrimonio culturale, del territorio e dell’ambiente sono diventati, a fortiori ratione, punti qualificanti e irrinunciabili ove realmente si intenda far decollare definitivamente l’economia locale grazie al poderoso volano rappresentato dalla valorizzazione turistica delle immense potenzialità che non solo di Matera ma l’intero territorio provinciale è in grado di esprimere;

- appare conclamata l’assenza di un serio e attendibile monitoraggio di enti terzi ed imparziali sulle emissioni inquinanti finora prodotte dal medesimo impianto; tanto, malgrado ben due Protocolli di intesa siglati nel 2010 e nel 2011 mai realizzati e compiutamente attuati da Italcementi S.p.A. che prevedevano precisi e articolati controlli da parte dell’ARPAB: controlli che risultano essere stati realizzati in modo molto parziale e, complessivamente, insufficiente; quindi come indicato da più norme del Codice dell’Ambiente (D.Lgs. n. 152/2006), non sussistono i presupposti per il rilascio della una nuova AIA/VIA in oggetto ove le prescrizioni della precedente AIA non risultino (comprovatamente) rispettate;

- la mancanza di controlli preventivi (ovvero prima del conferimento per l’incenerimento) sulla presunta "non pericolosità" dei rifiuti contenuti nei c.d. “CSS”; al riguardo, si ritiene opportuno rammentare che il Dm 14 febbraio 2013 n. 22 (c.d. “Decreto Clini”) nell’allegato 4, attribuisce ai produttori stessi di combustibili solidi secondari (CSS) la possibilità di emettere la dichiarazione di conformità; in “autocontrollo”, coloro che producono rifiuti possono, quindi, anche dichiararli conformi al loro utilizzo come combustibili; ora, anche alla luce del clamoroso e recentissimo caso Volkswagen, non possono che sussistere forti perplessità e dubbi sulla attendibilità e affidabilità di pratiche di autocontrollo che (facendo coincidere nello stesso produttore le funzioni di controllato e di controllante, in assenza di altri controlli di enti e/o autorità terzi e imparziali) attestino e dichiarino conformi e, quindi, non pericolosi i rifiuti che compongono i CSS;
EVIDENZIATO che:

- come diffusamente e dettagliatamente dimostrato dai medici dell’ISDE Italia (associata all’International Society of Doctors for the Environment) l’utilizzo di CSS come combustibile da bruciare nei cementifici rappresenta una “cattiva pratica”; è, difatti, provato scientificamente come questa pratica (bocciata anche dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nella scorsa legislatura) non riduca in maniera utile le loro elevatissime emissioni inquinanti: la modesta riduzione che si ottiene mediante sostituzione dei combustibili fossili con rifiuti, è abbondantemente compensata da incrementi anche minimi della capacità produttiva, con incrementi importanti delle emissioni di microinquinanti persistenti nell’ambiente, bioaccumulabili e tossici per la salute umana, quali metalli pesanti e diossine;

- sempre in merito all’incenerimento dei CSS nei cementifici, a conferma di quanto innanzi paventato, il dott. Agostino Di Ciaula di ISDE Italia, nell’ambito di due convegni tenutisi a Matera il 22 gennaio 2014 e il 18 ottobre 2014, ha avuto modo di precisare che:
  • i cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti con e senza l’uso dei rifiuti come combustibile e che i limiti di legge per le emissioni di questi impianti (cementifici) sono enormemente più permissivi e soggetti a deroghe rispetto a quelli degli inceneritori classici; ad esempio, considerando solo gli NOx, per un inceneritore il limite di legge è 200 mg/Nmc, mentre per un cementificio è tra 500 e 1800 mg/Nmc; inoltre, un cementificio produce di solito almeno il triplo di CO2 rispetto a un inceneritore classico. (…);
  • la combustione di rifiuti nei cementifici:
    comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare in merito alla emissione di diossine/composti organici clorurati e metalli pesanti (quali mercurio, piombo cadmio enormemente pericolosi per la salute umana);

    produce diossine in quantità direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati; quindi, nel caso in cui il progetto venisse approvato, si quintuplicherebbe il volume di diossine: si rammenta altresì che l’ARPAB non disporrebbe della strumentazione necessaria per la rilevazione delle diossine direttamente al camino di fuoriuscita dei fumi di combustione; sempre riguardo alle diossine, viene solitamente sottolineato dai proponenti di tale pratica (incenerimento rifiuti CSS come combustibile) come le alte temperature dei cementifici diminuiscano o addirittura eliminino le emissioni di queste sostanze, estremamente pericolose per la salute umana; tale tesi è invalidata da evidenze scientifiche che mostrano come, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850°C, durante le fasi di raffreddamento (nella parte finale del ciclo produttivo) esse si riaggregano e si riformano; considerata la particolarità chimica delle diossine (inquinanti persistenti per decenni nell’ambiente e nei tessuti biologici, dove si accumulano nel tempo), l’eventuale (lieve) riduzione quantitativa della concentrazione di diossine nelle emissioni dei cementifici sarebbe ampiamente compensata dall’elevato volume emissivo tipico di questi impianti;
CONSIDERATO, altresì, che:

- è in fase di redazione il nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti;
- detto Piano debba ottemperare, in particolare: a quanto indicato nel Decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 7/10/2013 (in G.U. n. 245 del 18.10.2013), decreto che ha approvato il “Programma Nazionale di prevenzione rifiuti” sulla base del quale, entro un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale relative alla gestione dei rifiuti; il predetto decreto attua ulteriormente la direttiva europea quadro sui rifiuti (la 2008/98/CE recepita dall’Italia nel dicembre 2010) la quale introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti incentrati sui principali impatti ambientali e basati sulla considerazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali; la direttiva stabilisce che gli Stati membri adottino programmi di prevenzione dei rifiuti fissando specifici obiettivi e che lo scopo di tali obiettivi e misure è di associare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti, soprattutto speciali e pericolosi;

- all’articolo 47 (rubricato “Strategia regionale Rifiuti Zero 2020”) della Legge Regionale 27 gennaio 2015, n. 4 (“Collegato alla legge di stabilità regionale 2015”) che è perfettamente vigente, seppure impugnato il 10 aprile scorso innanzi alla Corte Costituzionale, e che prevede che il Piano regionale di gestione dei rifiuti dovrà provvedere alla progressiva eliminazione della presenza di inceneritori sul territorio della Regione, con la definizione di modalità e tempi di dismissione degli impianti di incenerimento esistenti e la contestuale adozione di soluzioni tecnologiche e gestionali destinate esclusivamente alla riduzione, riciclo, recupero dei rifiuti; la medesima norma:
  • prevede la necessità di “proteggere l’ambiente e la salute prevenendo e riducendo gli impatti negativi legati alla produzione e alla gestione dei rifiuti”;
  • dispone, “nelle more della approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti”, che la Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente, è autorizzata a verificare e praticare opzioni gestionali alternative a quelle attualmente in essere per ciò che concerne la valorizzazione, l’incenerimento e lo smaltimento dei rifiuti.

- l’innanzi citata la Direttiva europea 2008/98/CE definisce conformi al principio di “prevenzione” le misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino un rifiuto e che quindi sono in grado di ridurre: a) la quantità dei rifiuti (anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita); b) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana; c) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;

- l’art. 179, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 nel recepire quanto disposto dall’art. 4, comma 1, della citata Direttiva 2008/98/CE prevede che “la gestione dei rifiuti deve avvenire nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento”;

RITENUTO che:

- appare tecnicamente possibile e realizzabile la completa eliminazione dai processi produttivi implementati da Italcementi S.p.A. nell’impianto sito in località Trasanello dei combustibili quali pet-coke, pneumatici, materiali plastici e CSS, attraverso la loro totale sostituzione con gas (ad esempio, metano);

tutto quanto innanzi premesso, considerato e ritenuto

INTERROGA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE E L’ASSESSORE COMPETENTE


Per sapere:
- se e quali azioni e provvedimenti urgenti la Giunta Regionale intenda adottare affinché venga negata l’AIA/VIA richiesta dal Gruppo Italcementi S.p.A. per incrementare da 12 mila a 60 mila le tonnellate di rifiuti all’anno da bruciare come combustibile nella Cementeria sita in località Trasanello snc immediatamente limitrofa all’abitato del comune di Matera e ai Sassi di Matera.

Ing. Giovanni Perrino
Consigliere Regionale - Movimento 5 Stelle

 
 
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