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RETE SOCIALE
07/02/2009  Lascia un commento
Beppino Englaro e il sogno di Palinuro
Anna R. G. Rivelli
Stroncato il suo sorriso dal sonno irreversibile del coma, Eluana Englaro attende da diciassette anni in riva a un Acheronte che una barca pietosa la trasporti all’altra sponda; Eluana bella e radiosa come il troiano Palinuro che pure sognava l’eterna pace della sepoltura.

"Ora mi tiene l’onda e mi rivoltano i venti sul lido. Perciò ti prego per lo splendore giocondo del cielo e per le brezze, per il genitore e per le speranze di Iulo che cresce, invitto, strappami da questi mali".

Con queste parole il giovane eroe pregava Enea, disceso vivo nell’Ade, perché lo sottraesse all’obbrobrio di una sospensione che morte non era, ma nemmeno più poteva dirsi vita.

Così Eluana implora dal suo letto una pietà dovuta principalmente a chi ama la vita, perché la morte (ed è un concetto squisitamente cristiano) proprio della vita è parte integrante, ne costituisce la naturale conclusione e deve essere accettata come dono col dono stesso che è il venire al mondo.

Il rispetto della vita, dunque, ha l’obbligo di tenere in conto il diritto a morire quando l’unica sopravvivenza possibile è quella imposta da un accanimento che rende terapia anche acqua e cibo, se questi vengono somministrati ad un corpo che non è più in grado di avvertire fame né di sentire sete.

"Ora mi tiene l’onda e mi rivoltano i venti sul lido"; così continua a dire l’ombra di Eluana al suo papà Beppino e l’onda e i venti gelidi e impietosi che continuano a rivoltarla su questa terra sono quelli di una speculazione politica e di una , ahimé, ribadita cecità confessionale che hanno trasformato il dramma umano e il dolore infinito in un ennesimo reality sul quale tutti ci stiamo affacciando con la saccenteria che, in casi come questo, solo si addice a chi sa tutto per sentito dire.

Così laddove il silenzio meglio accompagnerebbe l’ultimo straziante abbraccio di un padre e di una figlia, si alzano invece i toni fino allo scontro istituzionale in un Governo becero che quantifica il valore della vita coi gruzzoli di voti che essa può portare.
La condanna a vivere di Eluana ha il consenso del Vaticano (che si schiera con palazzo Chigi e contro il Colle); questo per alcuni vuol dire, in traduzione, assicurarsi l’appoggio della Chiesa e i voti dei cattolici.

La vita dei clandestini, invece, vale assai di meno, tant’è che questi li si può costringere a morire e a far morire i propri figli imponendo ai medici di denunciare quelli che si dovessero a loro presentare per ricevere cure necessarie; poco vale anche la vita di un clochard, contro cui parte di questo Parlamento non si astiene dall’istigazione razzista, o quella dei bambini di Gela la cui esistenza viene continuamente barattata con gli interessi delle compagnie petrolifere.

Anche la vita di tanti giovani soldati vale assai meno di quella di Eluana quando si decide di inviarli in missioni di pace armate fino ai denti. Così squali e barracuda nuotano nel mare di quei precetti cristiani che, in uno Stato laico come il nostro, hanno il diritto di essere espressi, ma non quello di essere imposti né dagli altissimi prelati che vivono di rendita affittando e sfrattando dagli immobili della Chiesa la povera gente, né tanto meno da certi baciapile ipocriti che conoscono l’arte di piegare il diritto a misura di sé e dei propri interessi.

Sia adesso lieve l’onda su di te, Eluana, lieve poi la terra.
E sia l’unico Dio, quello della Misericordia, ad avere pietà della vita misera degli avvoltoi che ti girano intorno.

Anna R. G. Rivelli
 
 
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